vaccino anticoronavirus

Intervista all’immunoematologo Bruno Zuccarelli: «Vaccinarsi, l’unica strada possibile per superare l’emergenza»

Dopo un anno trascorso fra lockdown e regioni “colorate” l’attenzione è adesso tutta concentrata sui vaccini anticoronavirus. Lo scienziato dell’Ospedale Monaldi, Bruno Zuccarelli, ci aiuta a capire quale fase della pandemia stiamo attraversando, fra scelte obbligate e “scommesse” da vincere.

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Lo scienziato dell’Ospedale Monaldi, Bruno Zuccarelli, ci aiuta a capire quale fase della pandemia stiamo attraversando, fra scelte obbligate e “scommesse” da vincere.

Dopo un anno trascorso fra lockdown e regioni “colorate” l’attenzione è adesso tutta concentrata sul vaccino anticoronavirus. Pfizer-BioNTtech, Moderna, AstraZeneca, CureVac, sono solo alcuni dei nomi che rimbalzano sui media, riassumendo le aspettative di tutti, così come le perplessità di alcuni.

 

Per fare il punto Agorà Magazine ha intervistato il dottor Bruno Zuccarelli, nella doppia veste di vicepresidente dell’Ordine dei Medici – Chirurghi e Odontoiatri di Napoli e Provincia, e soprattutto di direttore del Centro di medicina trasfusionale dell’Ospedale Monaldi di Napoli, reparto che ha fra l’altro aderito al protocollo ‘Tsunami’ (TranSfUsion of coNvalescent plAsma for the treatment of severe pneuMonIa due to SARS-CoV-2), promosso dal comitato etico dell’Ospedale Spallanzani, in base al quale si prevede per alcuni pazienti infetti la somministrazione del plasma iperimmune (proveniente cioè da donatori già guariti che hanno sviluppato un alto livello di anticorpi).

Dottor Bruno Zuccarelli, in queste settimane è partita la campagna vaccinale a tappeto per contrastare il virus. Si sono messi a confronto i diversi farmaci che l’Unione europea ha acquistato, e si è discusso di RNA messaggero, agenti patogeni preformati ed effetti collaterali. Qual è la sua posizione rispetto ai vaccini disponibili e alle loro caratteristiche?

Voglio essere chiaro sin da subito. Il nostro è uno stato di reale necessità, e quindi c’è poco da dibattere e soprattutto da scegliere. Avere la disponibilità di un vaccino nel giro di otto mesi ha del miracoloso. E se intendiamo vaccinare l’80% delle persone e ottenere quanto prima l’immunità di gregge, allora dovremo attingere a tutte le tipologie disponibili. Quanto agli effetti collaterali, i dati riguardano giocoforza i pochissimi mesi dello sviluppo da parte delle case farmaceutiche, ma ragionando nel medio e lungo periodo non abbiamo alcuna nozione.

 

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Alla luce di quello che ha detto, sarebbe auspicabile secondo lei predisporre una filiera nazionale per la produzione dei vaccini, per assicurarsi una maggiore indipendenza dalle grandi multinazionali?

Forse sì. Ma negli ultimi venti anni, sia a livello italiano che di Unione Europea, gli investimenti in ricerca sono complessivamente mancati. Una politica scellerata con enormi ricadute negative. Oggi si parla molto delle problematiche relative all’approvvigionamento del vaccino, ma si pensi anche al tracciamento del virus, che è stato carente perché gli epidemiologi e i medici igienisti attualmente sono pochissimi e occorrerà tempo per formarne di nuovi. Quindi per ora non abbiamo alternative.

Com’è noto il vaccino della Pfizer deve essere trasportato e conservato a decine di gradi sotto lo zero, non senza difficoltà. Ci sono secondo lei degli accorgimenti che potrebbero migliorare questa logistica?

Occorre avere una grande fiducia nel fatto che la catena del freddo sia efficiente e tracciabile. A tal proposito i Nas stanno già svolgendo indagini preventive per verificare che ciascun operatore agisca correttamente. Quando saranno disponibili anche il vaccino della Moderna, che una volta scongelato mantiene una sua stabilità intorno ai 4-8 gradi, ed anche quello di Astra Zeneca, le cose si faranno meno difficili.

Come giudica il rallentamento della produzione di vaccino annunciato da Pfizer-Biontech, a proposito del quale lo stesso commissario all’emergenza Arcuri ha parlato sarcasticamente di “incredibile tempistica”?

Questa multinazionale ha preso i finanziamenti dell’Unione ma adesso si rifiuta di rispettare i contratti, adducendo come pretesto quello di una improvvisa ristrutturazione degli impianti produttivi. Mi domando invece se non ci siano interessi economici che spingono i produttori a vendere al miglior offerente. Sarebbe delittuoso. Ma d’altra parte, se addirittura la Germania compra trenta milioni di dosi al di fuori della contrattazione UE, alla faccia della solidarietà europea, si capisce bene come noi siamo l’anello debole di fronte a queste che sono aziende di profitto.

In Inghilterra è sorto un dibattito sull’opportunità di ampliare subito la base dei vaccinati con la maggioranza delle dosi disponibili, rimandando però la seconda somministrazione. Lei che ne pensa?

Io ritengo che la tabella di marcia vada mantenuta, con intervallo di ventuno o ventotto giorni fra le due somministrazioni (come previsto rispettivamente per il vaccino Pfizer e per quello Moderna, ndr), per garantirne l’efficacia immunizzante. Ma un altro dibattito, ad esempio, riguarda la vaccinazione per i più giovani, siccome sono proprio i ragazzi ad esporre al contagio gli anziani in famiglia. Interrogativo analogo riguarda le persone che hanno contratto la malattia e che dunque sono già immunizzate, sebbene non sappiamo ancora con quale grado e per quanto tempo. Dobbiamo poi capire se l’immunizzazione promessa dai produttori del vaccino, che dovrebbe essere vicina al 95%, si dimostrerà effettivamente tale, o se in futuro dovremo fare comunque ulteriori campagne di richiamo. Si tratta di “scommesse” dalle quali non possiamo prescindere, pur di bloccare questa pandemia che ha già fatto troppi disastri.

In questo complesso panorama non sono mancati anche punti di vista opposti, che spaziano dai negazionisti, ai no-vax, fino a chi predica l’obbligatorietà del vaccino. Qual è la sua opinione?

Se io dovessi scegliere tra un farmaco testato ed uno che lo è di meno, non avrei dubbi, e quindi posso comprendere le perplessità di alcuni, anche tra i miei colleghi. Ma se proprio un medico, per assurdo, decidesse di non vaccinarsi, allora servirebbe trasparenza, informando della cosa i suoi pazienti e i cittadini. I negazionisti invece li convincerei facilmente, facendo un giro nei reparti degli ospedali, che sono allo stremo da mesi e mesi. E quanto all’obbligatorietà, eticamente non auspicabile, credo però sia ragionevole ipotizzarla, nel caso in cui i dati dei prossimi mesi sull’immunità di gruppo non fossero incoraggianti.

Si è parlato in questo avvio di campagna di come la Campania abbia somministrato il 101,7% delle dosi consegnate, sfruttando al massimo la capacità dei flaconcini. Ritiene che la nostra regione si stia dimostrando efficiente?

Rispondo chiamando in causa un dato indiretto. L’11 gennaio è stato stilato un accordo con la Regione per cui tutti gli iscritti agli ordini delle professioni sanitarie (medici, odontoiatri, infermieri, ostetrici, psicologi, …), anche se già in pensione, potranno accedere sin da subito al programma di vaccinazione. Da quel momento in sole ventiquattr’ore abbiamo ricevuto quasi 4mila adesioni, a conferma della grandissima attenzione che c’è a vaccinarsi. In termini di efficienza ho notato io stesso, quando mi sono vaccinato, delle farraginosità dovute alla scarsa maneggevolezza del farmaco. Ma gradualmente c’è da credere che verranno tutte superate.

 

Di Giovanni Aiello

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