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Il 68esimo anniversario della morte di James Dean, icona immortale

Un uomo, un mito, una leggenda: James Dean era destinato alla gloria eterna. Ricorre oggi il 68esimo anniversario della morte di un divo che di divo non aveva altro che il carisma. Sono stati sufficienti tre film e 492 giorni per consacrare la carriera e la vita di James Dean, rendendolo una fonte di ispirazione per le generazioni a venire e il primo attore a ricevere due candidature postume agli Oscar.

Un uomo, un mito, una leggenda: James Dean era destinato alla gloria eterna. Ricorre oggi il 68esimo anniversario della morte di un divo che di divo non aveva altro che il carisma.

Sono stati sufficienti tre film e 492 giorni per consacrare la carriera e la vita di James Dean, rendendolo una fonte di ispirazione per le generazioni a venire e il primo attore a ricevere due candidature postume agli Oscar. Insieme ad altri colleghi dell’Actor Studio, Dean inventò un nuovo modo di recitare, fatto di improvvisazione. Un’improvvisazione che portava sullo schermo tutti i tormenti interiori dell’attore che si mischiavano a quelli dei personaggi di cui vestiva i panni, non importa quanto scomodi o fuori misura fossero: James Dean riusciva ad indossarli alla perfezione, come se fossero stati cuciti su misura per lui. E possedeva coraggio: il coraggio di infrangere le barriere, il coraggio di essere incosciente, il coraggio di essere se stesso.

 

 

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James Dean, una vita divisa a metà

Una vita, quella di Jimmy, divisa dicotomicamente a metà: da un lato il giovane uomo timido e riservato, dall’altro l’attore incline agli eccessi. Innumerevoli le leggende legate alla figura di Dean, alcune sfatate, altre confermate, altre che ancora aleggiano in una linea di confine tra menzogna e verità. Non sono leggende quelle legate alla sua vita privata, dall’episodio di quando a 9 anni fu spedito dal padre in Indiana dagli zii e sul treno vegliò, per tutto il viaggio, sulla salma dell’adorata madre morta prematuramente, ai racconti che lo descrivono come un adolescente inquieto e introverso – quasi che il suo secondo nome, Byron, fosse stato un presagio – che risultava, però, incredibilmente popolare a scuola.

 

 

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È, in fondo, questa la storia della vita di James Dean, simbolo involontario di una gioventù ribelle, più che bruciata, stanca di sottostare alle regole di un mondo ingiusto e anaffettivo e bisognosa di attenzioni. Sul grande schermo Jimmy porta la sofferenza di un rapporto mai realizzato con un padre che non è mai riuscito a conquistare, di cui non ha mai “meritato” l’amore;

 

porta le inquietudini di una sensibilità spiccata, difficile da gestire, e il fascino del pericolo, lo stesso che l’ha portato incontro alla morte, sulla sua Little Bastard, la Porsche che aveva comprato subito dopo la fine delle riprese de Il Gigante, alla fine del veto imposto dalla produzione di dedicarsi alle sue amate corse; e porta il carisma di un uomo affascinante e affascinato, incuriosito dal mondo come il Piccolo Principe del suo libro preferito, intriso di passione e dedito agli hobby più variegati, dalla scultura, ai banjo, alla poesia, in cui ricercava il suo posto nel mondo, nella solitudine in cui sguazzava e da cui era intimorito.

 

Una sensibilità e una sofferenza interiore che riusciva a esprimere nell’arte, ma che mascherava, nella vita reale, nell’atteggiamento sbruffone e impulsivo che irritava i colleghi e che inteneriva le colleghe.

 

 

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Il grande amore

Una bellezza eterea e spregiudicata, per nulla ricercata, fatta di imperfezioni, capelli spettinati e caratterizzata da uno sguardo irrequieto e malinconico. Un’eccedenza che ha alimentato, prima e dopo la sua morte, i miti più vari riguardo la sua sessualità: era un latin lover? Era bisex? Aveva davvero una relazione con Marlon Brando?

Eppure nella vita di James Dean il grande amore ebbe un solo nome: Anna Maria Pierangeli, attrice italiana con cui visse un tormentato e contrastato – dalla madre di lei – amore alla Romeo e Giulietta. Un rapporto che per la prima volta aveva fatto provare a Jimmy la sensazione di essere amato e, come accade nei romanzi d’amore, l’aveva cambiato, rendendolo più riflessivo – nei limiti di quanto poteva esserlo – e più incline a rispettare le regole.

 

 

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Un amore così intenso da alimentare – ancora – leggende, romantiche in questo caso, di un Dean distrutto dopo la rottura, presente, in sella alla sua moto e col suo anticonformista chiodo di pelle, fuori la Chiesa al matrimonio della sua Annarella con un altro uomo; o di un certificato di matrimonio con il nome di lei scritto a matita e una lettera, trovati nel cruscotto dopo l’incidente mortale, in un’immagine in cui ancora una volta l’attore e i suoi personaggi si confondo e si fondono, per diventare un tutt’uno.

 

Un’icona immortale

Un destino infausto quello a cui era destinato James Dean, a cui il fato ha sorriso beffardo più volte, quasi lo stesse mettendo in guardia. Una morte che ha emulato, nel solito miscuglio di realtà e cinema che si confondono, quella scampata dal suo Jim Stark in Gioventù Bruciata; una morte avvenuta poche settimane dopo la messa in onda di uno spot pubblicitario in cui Dean aveva improvvisato chiedendo agli spettatori di non correre perché la vita che avrebbero salvato sarebbe potuta essere la sua. Un destino infausto, eppure glorificante che ha elevato James Dean a icona immortale, facendolo ascendere nell’Olimpo del cinema e regalandogli la fama eterna.

 

 

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Di Titta De Vita

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