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Napolinegra, il libro di Vincenzo Sbrizzi: storie di migranti venuti dal mare

Napolinegra copertina

Napolinegra, il libro di Vincenzo Sbrizzi raccoglie 25 storie di migranti che hanno attraversato il mare e il deserto per approdare in Italia e per trovare nella città “irregolare” di Napoli un porto sicuro. 

 

Una Madonna nera con il capo coperto da un velo bianco cinge tra le sue braccia il corpo di un uomo in fin di vita. Come nella Pietà del Michelangelo. La vergine Maria nella quarta di copertina alza lo sguardo e ci fissa: una “Monna Lisa” che giudica i nostri errori e che mostra i polsi come se avesse ricevuto le stigmate. 

 

napolinegra copertina

Napolinegra, il viaggio poetico di Vincenzo Sbrizzi

Napolinegra del giornalista e scrittore Vincenzo Sbrizzi, secondo volume della collana Cronisti scalzi della Iod Edizioni dedicata a Giancarlo Siani, è un libro dal titolo provocatorio, un testo poetico che si spoglia dell’eccesso. Un viaggio di parole e fotografie che ripercorre la storia di 25 migranti, “25 dannati della terra” che hanno attraversato il mare e il deserto per approdare a Napoli. Un mosaico in terza persona, che abbandona il voyeurismo sensazionalista tipico del giornalismo contemporaneo, più attento alle curiosità e ai macabri dettagli che alla sua essenza, per analizzare la cronaca dei fatti.

 

Il superfluo viene tagliato perché le parole hanno un peso e meritano rispetto. Lo sguardo dell’autore, originario di Torre Annunziata, vincitore del Premio Giancarlo Siani 2020 con il saggio Torre Annunziata: tra camorra e deindustrializzazione, in questo girone dell’Inferno dantesco lascia spazio all’empatia, perché restare inermi ed impassibili davanti a tutto questo orrore ci rende complici di un crimine.

Napoli come Filumena Marturano

Leggendo Napolinegra si sente un peso, si prova un senso di colpa di non fare abbastanza, di voltare le spalle, per la seconda volta, ad una nuova Auschwitz. I campi di concentramento sono sotto i nostri occhi in Africa e nell’est Europa. Protagonista del libro è Napoli, una metropoli irregolare, sporca, bistrattata e allo stesso tempo inclusiva con tutti i difetti e le difficoltà, che accoglie “come una madre che non fa differenze tra i suoi figli – spiega l’autore -. A tutti riserva le stesse opportunità e gli stessi pericoli. L’unico posto rimasto in Italia dove essere povero non è un delitto. L’unico posto dove i poveri non voltano le spalle agli altri poveri”.

 

Una Napoli che assume le sembianze di “una Filumena Marturano negra”. Nel ventre di Partenope si incrociano i destini di persone rapite e vendute come schiavi nel deserto, passate per i campi di prigionia in Libia – lager legalizzati – scappate da colpi di stato e guerre. Persone che hanno sfidato il mare su barconi in avaria lasciando le proprie famiglie, minorenni e donne incinte che hanno rischiato la vita per arrivare all’ombra del Vesuvio con la speranza di un futuro migliore.

25 storie di speranza

Copertina Napolinegra 2

C’è Adam che è fuggito a 14 anni dal Mali per diplomarsi in Italia a 25, Sheriff della comunità nomade dei Fulani in Ghana costretto a lasciare il suo Paese dopo aver perso il padre semplicemente per un litigio causato da una mucca del suo gregge che era entrata in una proprietà altrui, e Justina e Marian che si sono salvate dalla prostituzione grazie all’amore e all’amicizia. Chi ha stampato nella mente i giorni di tortura come Abdul, Kebè e Dimitri, chi ha rimosso i segni e le ferite della violenza come Paboy sfuggito al reclutamento dell’Isis e che senza lavoro ha aiutato i napoletani più bisognosi durante la prima quarantena di Covid-19.

 

E poi c’è Abrar arrivato a Napoli ed accolto dai colpi di una babygang, Said approdato in Italia nascosto in un container e Bechir che si è ammalato in un limbo precario, nell’attesa che la lenta e macchinosa burocrazia muovesse un dito per i suoi “figli adottivi”. Queste 25 persone non sono numeri, non fanno parte di una lista, sono esseri umani bloccati da leggi e decreti che gli impediscono di progettare il loro avvenire e li rendono invisibili di fronte alle istituzioni. Ma sono anche storie di rivalsa e di speranza, di lavoro e di quotidianità, di condivisione e di integrazione.

L’importanza di restare umani

Il monito è di restare umani, di non assuefarsi all’orrore, di evitare che continui questo olocausto silenzioso che si consuma ogni giorno nel più “grande cimitero dell’Africa, il Mar Mediterraneo”. Nella prefazione di Isaia Sales, il professore fa un parallelismo tra Ulisse, personaggio della mitologia classica, che vuole tornare nella sua amata Itaca, e i migranti “disposti ad affrontare prove più difficili dell’eroe omerico pur di scappare dalle loro terre, dall’odio delle guerre, dalla miseria e dal non sentirsi nessuno nemmeno nel proprio paese”.

 

Di Francesca Saccenti

 

Crediti
Fotografia di Alessandra Finelli
Progetto grafico Gix Musella

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