didattica a distanza a scuola

Didattica a distanza. L’impatto psicologico del ripensare la scuola

Sull’impatto psicologico della chiusura delle scuole e della didattica online sui bambini è stato detto di tutto da (quasi) tutti in questi mesi. Quello che si respira, ad oggi, è una preoccupazione generale su come questo periodo di didattica a distanza e di restrizioni sociali stia impattando sulla nuova generazione.

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Sull’impatto psicologico della chiusura delle scuole e della didattica online sui bambini è stato detto di tutto da (quasi) tutti in questi mesi.

Quello che si respira, ad oggi, è una preoccupazione generale su come questo periodo di didattica a distanza e di restrizioni sociali stia impattando sulla nuova generazione.

E allora una nota sulla didattica digitale

Ci sono essenzialmente due modi di rapportarsi all’evento Covid e questi definiscono anche due modi possibili di pensare la scuola e la didattica. Il primo è un modo che possiamo definire normalizzante. Se l’evento pandemia è vissuto come deviazione dalla norma data, la risposta all’evento Covid sarà una risposta adattiva. Nel caso della organizzazione della vita scolastica questo significherà allora mascherine, rigore nelle distanze interpersonali, orari sfalsati e il ricorso all’online. L’idea che fa da sfondo a questa risposta è che ci sia una presupposta normalità che funga da modello, per cui in attesa che il vaccino riconduca tutto a questa benedetta normalità perduta, non resta che supplire ciò che manca. Evidentemente, però, qualsiasi soluzione dettata dall’emergenza si presenterà come una copia difettosa dell’originale.

 

Esiste, però, un altro modo di rapportarsi alla pandemia e alle sue ricadute in termini sociali, ed è quello di immaginare che l’evento improvviso non differisca per grado dalla regola, non è ipo o iper rispetto ad una norma data; ma differisce per natura, è altro dallo stato normale pur essendo in continuità con esso. In questo caso la risposta all’evento non può essere adattiva, ma attingerà alle risorse che ognuno di noi ha di creare del nuovo sulla base di vecchie facoltà, rimodellandole e dando loro nuovi “scopi”. La risposta in questo caso, differisce allora da quella adattiva perché non produce copie difettose dell’originale, non supplisce come può (cioè sempre male) alle mancanze, ma fissa in modo funzionale delle nuove norme.

Covid: l’occasione per la riformulazione di un’etica

Fatte queste considerazioni, quello che propongo è di provare a pensare il Covid e la scuola al tempo del Covid, come un momento propizio da cogliere al volo per agire efficacemente. Questo, naturalmente, non riguarda solo la didattica, ognuno di noi ha sperimentato in questi mesi la necessità di mettersi in gioco e di ripensare al proprio lavoro guardandolo sotto altri punti di vista per adattarsi alle mutate condizioni. Pensare il Covid come evento, allora, vuol dire pensarlo come l’occasione per la riformulazione di un’etica, in modo da rigettare la tentazione al lamento, al risentimento contro l’evento. E di conseguenza la sensazione d’impotenza.

Nuove opportunità e didattica di vicinanza

Significa porsi l’interrogativo: siamo così sicuri che da queste difficoltà non possano anche scaturire delle opportunità? Grazie agli impacci dell’online, abbiamo “visto” che la presenza, come esserci (con e per l’altro) nella relazione, non è accessoria al sapere e alla sua “trasmissione”, ma è essenziale. Per questo, invece di parlare di didattica a distanza, come si sente da mesi ormai, sarebbe più utile che cominciassimo a parlare tutti di didattica di vicinanza, in cui la tecnologia rappresenta lo strumento per garantire una presenza altra, ineludibile in ogni relazione educativa.

 

Senza un “contatto”, si sa, non c’è comunità educativa e per “contatto” si intende qui qualcosa di più di una stabile connessione. Non si tratta allora di adattare la scuola esistente alle condizioni restrittive imposte dal Covid ma di inventare una nuova scuola, sfruttando l’occasione offertaci dalla pandemia. Per riuscire a costruire una didattica di vicinanza, occorre chiedersi se si può utilizzare la didattica digitale, per dirlo alla don Milani, per comunicare un messaggio di I care, di mi stai a cuore, qualunque sia la condizione, qualunque sia la situazione.

 

Questa è la sua funzione, che lo si enunci poi di prima mattina dicendo “ehi dormiglioni, svegliatevi, è ora che ci mettiamo al lavoro insieme”, diventa un modo per superare questo momento in cui c’è bisogno di eroismo delle emozioni, cioè di ritornare a sentirsi uno a fianco all’altro, uno alleato dell’altro, la scuola che c’è, qualunque sia la condizione. Sembra che gli insegnanti, così come gli studenti, abbiano già fatto miracoli, forse quello che sarebbe opportuno è insegnare loro, una volta che la pandemia sarà acqua passata, cosa farsene di questi miracoli.

 

Di Paola Dei Medici

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