Covid e Bambini. Quali conseguenze?
Non di rado, infatti, mi capita di questi tempi di accogliere nella stanza dalle parole l’apprensione di genitori (e di insegnanti) che si chiedono e mi chiedono se e come la pandemia inciderà in modo significativo sullo sviluppo dei loro figli, se lascerà delle ferite non rimarginabili nelle loro vite.
Covid e bambini, quali sono le conseguenze? Prima di provare a rispondere a questo interrogativo ritengo utile sollecitare qualche riflessione che ci consenta di contestualizzare e comprendere su quale terreno ci stiamo muovendo.
In generale, i bambini e le bambine presentano notevoli capacità di adattamento ai cambiamenti di contesto. Nel primo periodo di quarantena, in molte case, sono stati proprio i bambini a fornire ai genitori le motivazioni per affrontare le giornate, per trovare nuove strutture e abitudini, per mantenere un nuovo e salutare equilibrio. Certo, alcuni bambini hanno manifestato paura, irritabilità, scarsa iniziativa, altri possono aver manifestato comportamenti regressivi, la maggior parte però è riuscita a fare i conti con quello che accadeva dentro di loro ricevendo dagli adulti informazioni chiare e adatte all’età.
Covid e bambini: quali sono gli effetti in termini psicologici?
Con le nuove chiusure a partire da Novembre la situazione però si è complicata. L’evidenza è stata che la seconda ondata ha avuto degli effetti diversi in termini psicologici. Come scrivevo nello scorso articolo: noi, non siamo più gli stessi di inizio Marzo. Se, infatti, all’inizio della pandemia eravamo più disposti a sacrificare e sacrificarci, ora siamo tutti stanchi e affaticati, così come avviene in tutte le situazioni in cui un forte stress ha un perdurare nel tempo e un ripresentarsi stabile.
Questa condizione di stress è molto più presente negli adulti che nei piccoli perché, superata la fase eroica vissuta nella prima fase, che ci ha concesso di recuperare tutte le risorse di cui disponevamo per superare l’ostacolo, successivamente abbiamo attraversato più o meno inconsapevolmente la fase dell’illusione. Per fare i conti con quanto stava accadendo abbiamo dovuto credere che non capitasse a noi e che non ci capitasse vicino, il che voleva dire che non era così seria la condizione di gravità.
Ma perché? Non siamo, o almeno non siamo sempre fini intellettuali, siamo creature spaventate che esorcizzano la paura affidandosi, a volte, a ragionamenti elementari. Si tratta di un bias cognitivo, ovvero una scorciatoia della mente per elaborare la complessità delle informazioni che riceviamo che ci porta a sottostimare la probabilità che quanto facciamo abbia conseguenze negative. E ci fa credere che, se qualcosa di male deve succedere, non capiterà a noi. Così, tendiamo a sentirci invulnerabili, più capaci e più tosti degli altri.
La fonte dell’equilibrio
Come sappiamo però, con l’arrivo dell’autunno, ci siamo ritrovati di nuovo in una condizione di rischio talmente grave a tutti i livelli, da trovarci, in seguito alla fase dell’illusione, a percepire di aver ormai esaurito tutte le risorse psicologiche per fare i conti con la seconda ondata.
Ecco che allora se ci domandiamo che cosa significa questo per i bambini, rispondo che significa che la fonte fondamentale di equilibrio, la fonte fondamentale di “ci sono io affianco a te, del “mi prendo cura di te”, “mi sei a cuore, mi occupo di te”, è una fonte che, in una condizione di forte stress, può presentare una grande aridità emozionale. In questa fase, quello che va evidenziato è che noi siamo gli elementi di equilibrio, o gli elementi di squilibrio, di questo sistema. Prima ancora dei capricci, delle ansie, dei comportamenti regressivi dei nostri figli ci siamo noi adulti, grandi, grossi e in questo momento probabilmente incapaci di attingere alle risorse che ci consentirebbero di affrontare al meglio quello che stiamo vivendo.
Da cosa dipende stato di salute dei bambini?
Lo stato di salute dei bambini ha a che fare con lo stato di salute delle famiglie in cui vivono. In questi termini, come ha evidenziato la psicanalista Jesurum, è possibile considerare la pandemia come una prova, un pettine a denti stretti che lascia venir fuori i nodi delle pregresse situazioni familiari e psichiche. Questo pettine, questa prova: procurerà un trauma? Procurerà malessere? O addirittura attiverà delle risorse? Le variabili da considerare sono numerose e complesse.
Prima di parlare di esperienza traumatica, dovremmo tenerne conto, se non altro per evitare di usare lo sguardo psicologico come un intreccio di categorie del linguaggio quotidiano asservite per un verso all’appiattimento dentro categorie che nulla ci dicono della soggettività delle persone – gli adolescenti/ i bambini – e per un altro a un modo drammatizzante e minaccioso per il quale si ipotizza che l’attuale esperienza di deprivazione sociale per i minori debba essere necessariamente traumatica.
Di Paola Dei Medici
Psicologa e psicoterapeuta, docente presso l’IACP (Istituto dell’Approccio Centrato sulla Persona), sede di Napoli. Si occupa di consulenze psicologiche, psicoterapie individuali, per la coppia e la famiglia. «Quando mi chiedono che cosa faccia nel mio lavoro, talvolta dico che mi occupo di prendere in mano, insieme con la persona, i pezzi della coperta della sua vita per provare a ricucirli in modo che possa essere più comoda. Il mio lavoro mi dà la possibilità di sperimentare sulla mia pelle, attraverso i cambiamenti dei miei clienti, come la relazione possa avere un potere enorme: quello di permetterci di rimboccare la strada quando sembra smarrita». Per contatti: 347 8708937.