“Noi”, le differenze tra la serie tv Rai e la celebre This Is Us
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Sono stati trasmessi domenica gli ultimi due episodi di Noi, la serie tv di Rai Uno, ispirata alla celebre This Is Us. Ma ci sono differenze tra le due?
Noi non è sicuramente del primo caso di fiction esportata dall’estero per un reboot made in Italy: Tutto Può Succedere, che ha riscosso un discreto successo, è la versione italiana di Parenthood, per esempio. E lo stesso Un Posto al Sole, soap più longeva della tv italiana, non è altri che lo sviluppo di Neighbours, format australiano.
Peccato, però, che i dati d’ascolto di Noi non siano probabilmente stati quelli sperati. Ma com’è possibile che un format, quello di This Is Us, così di successo a livello planetario non abbia convinto appieno il pubblico generalista nostrano? C’è da dire che i più affezionati fan del format americano hanno dichiarato la loro fedeltà ad un’unica divinità – Milo Ventimiglia, se ve lo state chiedendo – e non hanno lasciato alla fiction italiana la possibilità di stupirli.
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Noi, l’adattamento italiano di This Is Us
La storia delle due serie è, ovviamente, la stessa: la vita di una famiglia composta da una coppia di innamorati e dei loro tre figli (quasi) gemelli. Una storia che si sviluppa su due livelli: il passato, che vede protagoniste le dinamiche di coppia e la genitorialità dei coniugi Pearsons (o Peirò), e il presente, che segue la vita dei “Fantastici Tre”. Jack e Rebecca diventano Pietro e Rebecca, mentre i figli Kevin, Kate e Randall mutano negli italianissimi Claudio, Caterina e Daniele.
A vestire i panni, strettissimi, di Jack e Rebecca Pearson, che nella serie originale sono di Milo Ventimiglia e Mandy Moore, sono stati Lino Guanciale e Aurora Ruffino. Un compito arduo quello dei due (già notissimi) attori che hanno convinto il pubblico solo a metà. Ad essere messe in discussione non possono essere le capacità attoriali dei due, ma l’assenza di una chimica – quella tra Ventimiglia e Moore – tanto palpabile da riuscire a ritrarre sul piccolo schermo un amore indissolubile, forte, per quanto poco teatrale e spesso messo alla prova dagli ostacoli, quelli di ordinaria e straordinaria amministrazione che fanno parte della vita.
A non convincere del tutto, infatti, è stato piuttosto lo sviluppo dei personaggi: la Rebecca italiana è decisamente più provata, stanca, nervosa e infelice, intrappolata in una vita che forse non ha mai voluto. Il Pietro di Lino Guanciale, invece, ha la sensibilità e l’empatia di quello originale, ma sembra essere meno incisivo e dedito alla famiglia. La coppia, poi, sembra erosa dal tempo, i momenti di crisi sembrano quasi non essere compensati da quelli felici. Che la colpa sia del numero di episodi ridotto rispetto alla prima stagione Made in Usa e delle numerose scene tagliate, che non hanno dato la possibilità di avere uno sguardo completo?
Le differenze
Sicuramente alcune variazioni apportate alla trama non hanno decisamente convinto e sono state considerate poco coraggiose (o oltraggiose, per gli ultrà delle fede Pearsoniana). In primo luogo a non essere apprezzata è stata la scelta di rendere l’afroamericana, bellissima moglie di Randall, bianca. Gli autori hanno dato una spiegazione: alla fine degli anni ‘80, in Italia, era poco probabile che due famiglie di colore si incontrassero.
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Proprio un altro dettaglio che riguarda Mimmo ha fatto storcere il naso a un bel po’ di fan: nella prima stagione di This Is Us fa capolino, a un certo punto, Jesse, il compagno di William (padre di Randall, che al mercato mio padre comprò). Ebbene, cambio di genere e orientamento sessuale: William non è più bisessuale e Jesse diventa una donna. Sposata.
A convincere, invece, sono stati i personaggi e le interpretazioni di Claudia Marsicano e Leonardo Lidi, alias Cate e Teo, mentre si è dovuto misurare con un paragone faticoso Livio Kobe, che si è trovato di fronte l’Emmy e il Golden Globe di Sterling K. Brown.
Per le devote a Kevin Pearson, aka Justin Hartley, le lamentele vanno oltre gli addominali scolpiti che mancano al fascinoso Dario Aita. Riguardano, più che altro, la decisione di snaturare il personaggio: non più un sex symbol mai preso sul serio se non a torso nudo, ma il protagonista di una fiction banale, dai dialoghi banali e i personaggi banali. C’è chi ha giustificato la scelta attingendo alla diversità dei palinsesti italiani rispetto a quelli oltreoceano. In fondo questo significa riadattare un format estero.
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Insomma, in definitiva si può dire che Noi si figura come un’alternanza tra riadattamenti – più o meno impacciati – e scene ricalcate con la carta carbone. Sarà abbastanza per essere rinnovato per una seconda stagione? Ai posteri – e ai produttori – l’ardua sentenza.
Di Titta De Vita
Laureata in Scienze della Comunicazione, è un’appassionata di storie. Divoratrice di libri, dipendente dalle serie tv, adoratrice del cinema. La sua missione è una soltanto: convertire chiunque incroci sul suo cammino al mondo telefilmico.