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Vaccino antinfluenzale. La campagna di prevenzione nella fase decisiva

In queste settimane si fa un gran parlare del vaccino contro il coronavirus, sui tempi presunti della sua disponibilità alla cittadinanza. Ma nel frattempo, con circa un mese di anticipo sui tempi abituali, così come raccomandato dall’AIFA (l’Agenzia Italiana del Farmaco) in accordo con il ministero della Salute, le regioni hanno anche avviato la campagna vaccinale contro l’influenza di stagione che, quest’anno, persistendo la durissima situazione di emergenza sanitaria, si rivela più che mai importante.

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Tre esperti ci aiutano a comprendere la situazione riguardante il vaccino, fra l’approvvigionamento delle dosi, la domanda crescente da parte dei cittadini e la concomitanza con la pandemia.

 

In queste settimane si fa un gran parlare del vaccino contro il coronavirus, sui tempi presunti della sua disponibilità alla cittadinanza. Ma nel frattempo, con circa un mese di anticipo sui tempi abituali, così come raccomandato dall’AIFA (l’Agenzia Italiana del Farmaco) in accordo con il ministero della Salute, le regioni hanno anche avviato la campagna vaccinale contro l’influenza di stagione che, quest’anno, persistendo la durissima situazione di emergenza sanitaria, si rivela più che mai importante.

 

Obiettivo primario, come indicato dall’Oms, è quello di coprire circa il 75 per cento di tutti i cittadini facenti parte delle fasce a rischio (che costituiscono la stragrande maggioranza dei vaccinati complessivi).

 

Si tratta degli adulti a partire dai 60 anni di età (la soglia è stata abbassata di cinque anni), le persone affette da patologie gravi e croniche, le donne in gravidanza o che hanno appena partorito, le forze dell’ordine, il personale medico-sanitario e i bambini dai 6 mesi fino a 6 anni.

 

Coloro che rientrano in queste categorie hanno il diritto alla vaccinazione gratuita, che viene somministrata attraverso il servizio sanitario nazionale (medici di base e centri vaccinali), mentre gli altri, appartenenti alla cosiddetta “popolazione attiva”, dovranno acquistare il vaccino nelle farmacie, previa prescrizione.

 

Se da un lato infatti va necessariamente assicurata la precedenza alle fasce più vulnerabili, dall’altro deve essere garantito a tutti l’accesso alla libertà di cura, sebbene in debita proporzione. Ma almeno per ora i vaccini non sono ancora sufficienti in rapporto alle richieste.

 

Il confronto con le Regioni sul tema vaccino

E proprio per questo motivo, nel corso di un incontro nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni, avvenuto nel mese di settembre, le regioni hanno promesso di cedere ciascuna l’1,5 per cento delle proprie scorte alle farmacie del rispettivo territorio, a fronte di una richiesta iniziale delle associazioni di categoria che invece oscillava fra il 5 e il 10 per cento.

 

Questa parziale scarsità dipende in larga parte da due fattori principali. Il primo è legato al tempo, siccome le procedure di gara per l’approvvigionamento dei vaccini, che nel nostro Paese avvengono su base regionale, a detta dei tecnici sono state avviate quasi ovunque in colpevole ritardo (la Germania, ad esempio, ha effettuato le sue gare a febbraio, in Italia invece si sono svolte tra maggio e giugno), con la conseguenza che le dosi stanno giungendo man mano che vengono prodotte.

 

L’altro fattore è invece legato alla quantità, visto che nella maggioranza dei casi l’incremento della domanda di vaccino da parte dei cittadini è stato inizialmente sottovalutato, pur con alcune differenze nelle varie parti d’Italia, determinando ulteriori difficoltà di reperimento del farmaco.

 

 

L’Ordine dei medici: «Serve una vaccinazione massiva»

In tema di prevenzione, tra le voci che hanno suscitato maggiore eco c’è senza dubbio quella del dottor Bruno Zuccarelli, vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Napoli e Provincia, il quale per richiamare in particolare i cittadini campani all’adozione di una quarantena “di fatto” ha evocato addirittura le terribili scene viste a Bergamo nei mesi scorsi, parlando di bare che altrimenti potrebbero sfilare anche nelle nostre strade.

 

«Con quella dura considerazione – ci conferma – volevo dare un’idea chiara della gravità della situazione sanitaria in generale. Ecco perché anche il contrasto dell’influenza stagionale, attraverso una vaccinazione massiva, risulterà prezioso per limitare i danni. E possiamo dire che in questo senso la Campania si è mossa più tempestivamente di altre regioni per acquistare le dosi necessarie».

 

La diagnosi differenziale

Il vaccino antinfluenzale scongiura infatti la possibilità di un cosiddetto doppio contagio, “influenza-coronavirus”, che in alcuni soggetti potrebbe diventare molto pericoloso, e contemporaneamente facilita la diagnosi differenziale, che serve a definire se gli eventuali sintomi, fra di loro molto simili, siano da attribuire all’una o all’altra malattia.

 

«Le cose però si fanno più difficili da decifrare nei soggetti non vaccinati – ci dice il dottor Michele Miraglia del Giudice, pediatra di base, Responsabile di Alta Specializzazione in Malattie Respiratorie Pediatriche e ordinario di Pediatria presso Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli -.

 

Gli elementi che, associati alla febbre, consentono normalmente di comprendere se un bambino o un adolescente è affetto da coronavirus – prosegue ancora il professore, intervenuto recentemente su questi temi anche nel corso di un webinar prodotto da FederAsma e Allergie Onlus, dal titolo ‘Un respiro di Salute’ -, sono l’anosmia e l’ageusia, ovvero la perdita dell’olfatto e del gusto fino al punto da non distinguere più il dolce dall’amaro.

 

Altro criterio che può aiutarci è quello dell’ordine di comparsa dei sintomi, visto che in caso di contagio la febbre si manifesterà sempre per prima, mentre i primi segnali dell’influenza sono abitualmente il raffreddore e la tosse. E se tutto questo è certamente valido per i bambini, con un certo margine di approssimazione ricorre anche per gli adulti».

 

I medici di famiglia

In definitiva, ad affrontare in larga parte quest’onere delle vaccinazioni sono i medici e i pediatri di base.

 

«É così – spiega Silvestro Scotti, presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli e segretario generale nazionale proprio della FIMMG, Federazione Italiana Medici di Famiglia -. Abbiamo fatto un’estrazione dai nostri dati, più o meno diffusi su tutto il territorio nazionale, ed emerge come il numero di vaccini effettuati dai medici di medicina generale, malgrado i ritardi nelle consegne, sia cresciuto già nei primi venti giorni di campagna dell’80 per cento rispetto al periodo corrispondente dell’anno scorso.

 

Motivo per cui alla fine di dicembre avremo circa 17 milioni di vaccinati, contro i 10 milioni abituali. Ciò dimostra – prosegue ancora il segretario – un maggiore livello di partecipazione da parte dei cittadini, ma anche una discreta organizzazione da parte dei medici di famiglia, che hanno evidentemente effettuato delle sedute dedicate esclusivamente alle vaccinazioni, con prenotazioni anche fuori dai canonici orari di studio». In mezzo a tante incertezze e difficoltà rimane però ancora da capire chi è che ci guadagna.

 

«Senza dubbio le aziende – conclude secco Scotti -. Perché le multinazionali del farmaco hanno stabilito un tetto produttivo per le dosi oltre il quale non è possibile andare. Per ovviare sarebbe necessario creare una filiera produttiva nazionale con obiettivi strategici precisi. Anche per valorizzare al massimo la nostra grande tradizione in questo settore di ricerca».

 

Di Giovanni Aiello

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